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Il lavoro psicoterapeutico non può prescindere dalla capacità di osare e da una costante riflessione clinica sui microprocessi che qualificano e caratterizzano lo spazio e il tempo analitico come dimensioni che scandiscono un tragitto in continuo equilibrio dinamico, una strada creativa ed unica nel momento in cui si accettano i limiti del conformismo teorico che mal si adatta alla complessità dell'esistenza e dell'esperienza intersoggettiva. L'osservazione, l'ascolto e l'attenzione analitica devono rispettare quegli elementi che in psicoterapia si presentano come un terzo intersoggettivo o come un momento presente, in qualità di emblemi e spie della dinamica che si gioca sul piano transferale e controtransferale e che dà il senso di quanto il processo di cura e di cambiamento si svolga in un campo mai radicalmente predefinito, dove inizio, durata e fine presuppongono il concetto di complessità e non possono essere circoscritti ad un paradigma epigenetico. Il complesso non diventa complicato quando la teoria della tecnica (modello psicologico/clinico) si abbandona al valore potenziale della capacità negativa, della necessità di esplorare i naturali limiti della psicoterapia.